Convegno annuale 2024

FUTURO DELLE TELECOMUNICAZIONI: OPERATORI DI MERCATO E AGENDA EUROPEA

AIIP prova a delineare il futuro del settore telco, tra minacce alla sicurezza nazionale ed evoluzione del mercato interno

Questa mattina a Roma il Convegno Annuale dell’Associazione. Il Presidente Zorzoni: “Gli operatori continueranno ad investire nella digitalizzazione del Paese, Tim sarà con loro?”

 

Milano, 06/06/2024

Ha confermato le altissime aspettive il Convegno annuale di Aiip “Futuro delle telecomunicazioni: operatori di mercato e agenda europea”, che si è svolto questa mattina a palazzo Wedekind, accanto a Palazzo Chigi, a Roma.

Una articolata sequenza di interventi ha favorito un confronto schietto sui temi più caldi per gli operatori delle telecomunicazioni, grazie alla presenza di ospiti illustri, a partire dal presidente di Infratel Italia (società in house del Ministero delle Imprese e del Made in Italy) Alfredo Maria Becchetti.

Alla vigilia del trentesimo anniversario di AIIP, abbiamo voluto concentrare il dibattito e l’attenzione su due temi centrali, lo stato dell’arte delle reti di accesso in fibra ottica e il mercato del cloud – spiega il presidente dell’Associazione Italiana Internet Provider Giovanni ZorzoniIn un contesto di fermento del settore con l’operazione di split di Tim, è evidente che oggi gli operatori (sia quelli che si occupano di infrastrutture civili e business, sia quelli impegnati ad integrare reti di terzi come Fastweb e Openfiber presenti all’evento) esprimono una forte emancipazione ed un contenuto tecnologico sufficiente per fare davvero la rivoluzione digitale del Paese. La nuova Tim divisa vorrà contribuire a questo processo di trasformazione digitale competitiva, sempre più focalizzata a migliorare servizi e creare valore? O gli operatori di mercato, cresciuti e irrobustiti dopo trent’anni di liberalizzazione del settore, proseguiranno da soli su questa strada?”.

Spazio poi allo scottante tema del cloud: “oggi ci dobbiamo interfacciare con una forte e concreta minaccia, ossia la continua spinta, da parte di alcuni grandi operatori del mercato OTT, a raccogliere, indirizzare e oscurare il traffico dati e renderlo inaccessibile. Questo pone un grosso problema in termini di sicurezza, sottraendo potenzialmente ingenti quantità di dati dalla visibilità dei soggetti deputati al loro controllo. Ciò ripropone il tema, cruciale sia per l’Italia che per l’intera Europa, della sovranità dei dati e delle riappropriazione delle tecnologie” aggiunge il Vicepresidente Giuliano Peritore.

Nel secondo panel dedicato alla cybersicurezza si è posta l’attenzione sulle modifiche agli standard di internet che questi grandi cloud provider extraeuropei stanno tentando di introdurre, in maniera progressiva, così estendendo il loro controllo sull’intera catena dei dati, dai client ai sistemi operativi mobili da un lato, dei fissi dall’altro, nonché del traffico dati lato server.

Accolto da applausi l’intervento del presidente di Infratel Italia, di cui Zorzoni ha riconosciuto il merito di essere “l’unico vero operatore ‘wholesale only’ neutrale perché affitta le fibre spente non erogando servizi trasmissivi, e che ha fatto tanto per il settore grazie ai voucher dedicati alle imprese che sono stati di grande stimolo nel 2022 e nel 2023, e che si è impegnato ad introdurre i voucher per le famiglie”.

Siamo partiti da una situazione inaccettabile che vedeva l’Italia in fondo alle classifiche europee per penetrazione della fibra – ha dichiarato Becchetti – oggi siamo risaliti alla metà, ma non è ancora sufficiente per il cliente residenziale e ancora di più per l’utenza business, per l’economia italiana intera. E’ indispensabile un coordinamento tra le iniziative finanziate totalmente o parzialmente da fondi pubblici, e quelle dai tanti fondi privati, per evitare da un lato la sovrapposizione di interventi nelle stesse aree, e, dall’altro, che alcune zone non vengano minimamente coperte. Questo per incoraggiare interventi privati che non devono essere messi in competizione con investimenti pubblici”.

Al primo panel dedicato al futuro delle TLC hanno partecipato, oltre a Zorzoni, Francesco Nonno (Direttore Regolamentazione Open Fiber), Fabrizio Casati (Chief Wholesale Officer Fastweb), Renzo Ravaglia (AD Fibreconnect), Gilberto Di Maccio (AD Ehiweb). Nella seconda tavola rotonda sulla cybersicurezza, sono intervenuti il Vicepresidente Peritore, Leandro Aglieri (Presidente Cloud4Defence), Roberto Caramia (Capo Divisione CSIRT Italia di ACN), Roberto Loro (CTO Dedagroup), Andrea Margheri (Servizio Programmi industriali di ACN).

Le nostre video pillole:

La nostra video-sintesi del convegno annuale di AIIP – Associazione Italiana Internet Provider “Futuro delle telecomunicazioni: operatori di mercato e agenda europea”, svoltosi a Roma il 6 giugno 2024.

Presidente, il Convegno annuale si conferma un appuntamento molto atteso, dove le richieste di iscrizione hanno creato l’overbooking della sala. Quale prospettive ha dato AIIP sulla deriva degli standard da parte del GAFAM e operatori italiani, ormai emancipati dall’incumbent che ha appena ricevuto il via libera per una difficile divisione societaria?
“Durante il convegno ci siamo concentrati su due temi principali: il mercato dell’accesso e il cloud, con particolare attenzione alla cybersicurezza. Per quanto riguarda il primo punto, siamo di fronte ad un grande sconvolgimento del mercato con l’operazione di separazione di Tim in due entità separate, Netco e Servco. Siamo convinti che la futura Servco dovrà ponderare bene le sue azioni: il mercato è in un equilibrio molto particolare e azioni molto aggressive potrebbero creare molti problemi non solo al mercato stesso, ma anche alla futura Servco.
Nel secondo panel, abbiamo invece affrontato un scottante, ovvero la Cybersecurity, ma da un punto di vista proprio di AIIP: è in atto un sovvertimento degli standard da parte di alcuni grandi operatori del mercato OTT, estendendo così il loro controllo sull’intera catena dei dati, dai client ai sistemi operativi mobili da un lato, dei fissi dall’altro, nonché del traffico dati lato server”

Presidente, il Convegno annuale si conferma un appuntamento molto atteso, dove le richieste di iscrizione hanno creato l’overbooking della sala. Quale prospettive ha dato AIIP sulla deriva degli standard da parte del GAFAM e operatori italiani, ormai emancipati dall’incumbent che ha appena ricevuto il via libera per una difficile divisione societaria?
“Durante il convegno ci siamo concentrati su due temi principali: il mercato dell’accesso e il cloud, con particolare attenzione alla cybersicurezza. Per quanto riguarda il primo punto, siamo di fronte ad un grande sconvolgimento del mercato con l’operazione di separazione di Tim in due entità separate, Netco e Servco. Siamo convinti che la futura Servco dovrà ponderare bene le sue azioni: il mercato è in un equilibrio molto particolare e azioni molto aggressive potrebbero creare molti problemi non solo al mercato stesso, ma anche alla futura Servco.
Nel secondo panel, abbiamo invece affrontato un scottante, ovvero la Cybersecurity, ma da un punto di vista proprio di AIIP: è in atto un sovvertimento degli standard da parte di alcuni grandi operatori del mercato OTT, estendendo così il loro controllo sull’intera catena dei dati, dai client ai sistemi operativi mobili da un lato, dei fissi dall’altro, nonché del traffico dati lato server”

Presidente, AIIP ha sempre collaborato con Infratel in modo proficuo fin dalle infrastrutturazioni degli anni 2010 denominate “Banda Larga” e vi ha sempre considerato come l’unico operatore wholesale only in quanto passive only, una eccellenza italiana del Ministero del made in Italy.
Ritiene che interventi voucher per spingere al passaggio della fibra, sia per le piccole e medie imprese, sia per il mercato residenziale (come l’atteso Voucher Famiglie 2.0), siano ipotizzabili nel prossimo futuro?
A prescindere da qualsiasi trasformazione futura di OpenFibe, possiamo ipotizzare che la proprietà della rete BUL nelle aree bianche sia sempre garantita nelle mani di Infratel?
“Siamo partiti da una situazione inaccettabile che vedeva l’Italia in fondo alle classifiche europee per penetrazione della fibra. Oggi siamo risaliti alla metà, ma non è ancora sufficiente per il cliente residenziale e ancora di più per l’utenza business, per l’economia italiana intera. E’ indispensabile un coordinamento tra le iniziative finanziate totalmente o parzialmente da fondi pubblici, e quelle dai tanti fondi privati, per evitare da un lato la sovrapposizione di interventi nelle stesse aree, e, dall’altro, che alcune zone non vengano minimamente coperte. Questo per incoraggiare interventi privati che non devono essere messi in competizione con investimenti pubblici”.

Francesco Nonno, AIIP prevede un futuro in cui l’emancipazione degli operatori di ogni dimensione, piccoli e grandi, resa possibile da trent’anni di telecomunicazioni liberalizzate, permetta di guardare avanti attraverso la prospettiva degli “operatori di mercato”.
Con il vostro ingresso nel mercato anni fa, avete contribuito a creare una grande quantità di operatori aggiuntivi non infrastrutturati, grazie alla vostra valorizzazione della banda sui circuiti attivi. Secondo Lei è possibile che questi nuovi operatori e gli operatori già presenti sul mercato, possano contribuire addirittura ad una digitalizzazione quasi totale del Paese? Se sì, in che modo?
“Gli operatori presenti sul mercato da più tempo e dotati di infrastruttura propria sul territorio possono certamente contribuire ad una digitalizzazione quasi totale del Paese. Stiamo parlando di un mercato che ha avuto delle evoluzioni importantissime negli ultimi 20 anni: si è passati da una situazione sostanzialmente monopolistica, ovvero da una sola impresa che aveva realizzato infrastrutture in rame, ad un contesto in cui diversi soggetti investono e contribuiscono, ciascuno pro quota, al raggiungimento degli obiettivi industriali dell’Italia, in questo caso la copertura in fibra ottica – Certamente Open Fiber e Tim Netco hanno un ruolo fondamentale, avendo le coperture più ampia, ma a questo obiettivo contribuiscono anche gli operatori più piccoli. E’ ragionevole che ciascuno abbia dei propri i ambiti di operatività e si cerci, anziché duplicare gli sforzi, di cooperare per ottimizzare gli investimenti singoli per garantire un servizio di qualità a tutte le imprese e i cittadini. Sono convinto che attraverso una forte cooperazione tra i vari soggetti miglioreremo il livello di servizio al Paese e conseguiremo quegli obiettivi sfidanti come la copertura del territorio  in fibra entro il 20230. L’importante è non disperdere le forze”.

Francesco Nonno, AIIP prevede un futuro in cui l’emancipazione degli operatori di ogni dimensione, piccoli e grandi, resa possibile da trent’anni di telecomunicazioni liberalizzate, permetta di guardare avanti attraverso la prospettiva degli “operatori di mercato”.
Con il vostro ingresso nel mercato anni fa, avete contribuito a creare una grande quantità di operatori aggiuntivi non infrastrutturati, grazie alla vostra valorizzazione della banda sui circuiti attivi. Secondo Lei è possibile che questi nuovi operatori e gli operatori già presenti sul mercato, possano contribuire addirittura ad una digitalizzazione quasi totale del Paese? Se sì, in che modo?
“Gli operatori presenti sul mercato da più tempo e dotati di infrastruttura propria sul territorio possono certamente contribuire ad una digitalizzazione quasi totale del Paese. Stiamo parlando di un mercato che ha avuto delle evoluzioni importantissime negli ultimi 20 anni: si è passati da una situazione sostanzialmente monopolistica, ovvero da una sola impresa che aveva realizzato infrastrutture in rame, ad un contesto in cui diversi soggetti investono e contribuiscono, ciascuno pro quota, al raggiungimento degli obiettivi industriali dell’Italia, in questo caso la copertura in fibra ottica – Certamente Open Fiber e Tim Netco hanno un ruolo fondamentale, avendo le coperture più ampia, ma a questo obiettivo contribuiscono anche gli operatori più piccoli. E’ ragionevole che ciascuno abbia dei propri i ambiti di operatività e si cerci, anziché duplicare gli sforzi, di cooperare per ottimizzare gli investimenti singoli per garantire un servizio di qualità a tutte le imprese e i cittadini. Sono convinto che attraverso una forte cooperazione tra i vari soggetti miglioreremo il livello di servizio al Paese e conseguiremo quegli obiettivi sfidanti come la copertura del territorio  in fibra entro il 20230. L’importante è non disperdere le forze”.

Fabrizio Casati, AIIP immagina un futuro in cui l’emancipazione di operatori piccoli, medi e di grandi dimensioni come Fastweb grazie a 30 anni di telecomunicazioni liberalizzate, possa permettere di guardare al futuro attraverso la chiave degli “operatori di mercato”, società che sono concentrate sui servizi e sulla creazione di valore per i clienti, e non solo alla generazione di oligopoli nel settore, per renderlo sempre più simile al settore energetico?
Fastweb ha fatto la scelta di rimanere operatore verticalmente integrato e con la possibilità di avere una rete mobile importantissima con l’acquisizione di Vodafone in itinere, ma anche essere uno degli operatori più innovativi in campo wholesale. Quali sono le vostre sfide future? Ci si può aspettare finalmente un’offerta di operatore mobile virtuale veramente interessante da parte vostra per gli operatori che al momento si occupano solo di rete fissa?
“Da sempre Fastweb è un operatore infrastrutturato e continuerà in questa direzione. Continueremo in questa direzione, investendo sempre di più per raggiungere i clienti finali e rendere disponibili questi servizi al mercato wholesale. La complementarietà tra le infrastrutture di rete di Fastweb e la capacità di presenza sul territorio dell’internet provider è sicuramente un elemento importante da tenere in considerazione”.

Renzo Ravaglia, creatore di Interoute tra le aziende che hanno creato infinite opportunità per il backhauling nazionale alternativo, oggi ha creato Fibreconnect, l’unico operatore wholesale-only dedicato alle zone industriali d’Italia, e associato AIIP. Tanti associati hanno investito nelle zone industriali d’Italia, ma chiaramente possono sfruttare il servizio di Fibreconnect per raggiungere quelle su cui non hanno investito o per dare ulteriore resilienza ai clienti dove c’è sovrapposizione. Oggi abbiamo parlato di come molti operatori, variegati ed impegnati nella reale creazione del valore, possano aspirare, in modo indipendente ma come sommatoria di azioni, a digitalizzare il Paese anche senza sapere cosa farà l’ex TIM. Lei come vede il futuro, è così?
“Credo che l’unico modo per risolvere questo problema dannoso che il nostro paese si porta dietro perché guardando tutte le classifiche europee si vede che siamo partiti da una situazione di qualche anno fa assolutamente inaccettabile forse eravamo l’ultimo paese in tutte le classifiche della comunità europea per la penetrazione della fibra lentamente siamo migliorati e adesso siamo posizionati più o meno a metà classifica ma questo non è sufficiente non tanto per il cliente residenziale a casa la situazione è drammatica per l’utenza business per il cuore dell’economia italiana per le piccole medie imprese per risolvere questo problema possono essere sufficiente iniziative singole e non coordinate? No, perché questo può determinare come sta accadendo frequentemente sovrapposizione di investimenti siamo il 2 3 5 a fare le stesse cose qualcun altro invece e qualche altra zona non viene ovviamente minimamente coperta quindi il coordinamento tra tutti i vari interventi è assolutamente fondamentale sopratutto nella misura in cui o nella considerazione che ci sono poi da una parte interventi finanziati totalmente o parzialmente da fondi pubblici ma ci sono anche tanti fondi invece privati e mi sembra estremamente logico e corretto fare in modo che gli investimenti privati in modo che non vengano scoraggiati a esser ulteriormente incrementati possono essere salvaguardati e non in qualche modo esser messi in competizione con gli investimenti pubblici“.

Renzo Ravaglia, creatore di Interoute tra le aziende che hanno creato infinite opportunità per il backhauling nazionale alternativo, oggi ha creato Fibreconnect, l’unico operatore wholesale-only dedicato alle zone industriali d’Italia, e associato AIIP. Tanti associati hanno investito nelle zone industriali d’Italia, ma chiaramente possono sfruttare il servizio di Fibreconnect per raggiungere quelle su cui non hanno investito o per dare ulteriore resilienza ai clienti dove c’è sovrapposizione. Oggi abbiamo parlato di come molti operatori, variegati ed impegnati nella reale creazione del valore, possano aspirare, in modo indipendente ma come sommatoria di azioni, a digitalizzare il Paese anche senza sapere cosa farà l’ex TIM. Lei come vede il futuro, è così?
“Credo che l’unico modo per risolvere questo problema dannoso che il nostro paese si porta dietro perché guardando tutte le classifiche europee si vede che siamo partiti da una situazione di qualche anno fa assolutamente inaccettabile forse eravamo l’ultimo paese in tutte le classifiche della comunità europea per la penetrazione della fibra lentamente siamo migliorati e adesso siamo posizionati più o meno a metà classifica ma questo non è sufficiente non tanto per il cliente residenziale a casa la situazione è drammatica per l’utenza business per il cuore dell’economia italiana per le piccole medie imprese per risolvere questo problema possono essere sufficiente iniziative singole e non coordinate? No, perché questo può determinare come sta accadendo frequentemente sovrapposizione di investimenti siamo il 2 3 5 a fare le stesse cose qualcun altro invece e qualche altra zona non viene ovviamente minimamente coperta quindi il coordinamento tra tutti i vari interventi è assolutamente fondamentale sopratutto nella misura in cui o nella considerazione che ci sono poi da una parte interventi finanziati totalmente o parzialmente da fondi pubblici ma ci sono anche tanti fondi invece privati e mi sembra estremamente logico e corretto fare in modo che gli investimenti privati in modo che non vengano scoraggiati a esser ulteriormente incrementati possono essere salvaguardati e non in qualche modo esser messi in competizione con gli investimenti pubblici“.

Gilberto Di Maccio, Ehiweb da poco associata ad AIIP ma già alla ribalta all’interno di un panel importante che parla di quanto gli operatori di mercato, con 30 anni di esperienza, possono disegnare il proprio futuro autonomamente, più slegati dall’incumbent che è in corso di separazione societaria e di cui non è chiaro l’atteggiamento rispetto ai clienti finali e al mercato wholesale. Lei sta dando un contributo fattivo e importante ai gruppi di lavoro relativi: in base alla Sua esperienza, si aspetta che la litigiosità con l’ex TIM si potrà ridurre in futuro o ci vorrà ancora tempo perché la nuova società divisa riveda la propria cultura aziendale e non ripeta gli errori del passato, ovvero offerte irreplicabili, rimozione senza preavviso di opzioni ed altro? Si aspetta quindi un ritorno di atteggiamento ai primi anni Duemila o dobbiamo attenderci qualcosa di diverso?
“Sicuramente ci vorrà ancora del tempo perché Telecom Italia ormai è radicata da oltre 20 / 30 anni nel segmento regolatorio; lo vediamo anche nei tavoli tecnici dove spesso si ha difficoltà ad interloquire insieme per raggiungere degli obbiettivi comuni per tutti gli operatori.”

Dott. Peritore, presenza storica nell’ecosistema Internet italiano che ha visto  svilupparsi, ancora prima che nascesse la regolamentazione di settore o che si focalizzasse l’attenzione su privacy e cybersecurity e che si sviluppassero i grandi OTT. L’Italia ha ancora la possibilità di giocare un ruolo significativo?
“Negli ultimi 30 anni siamo stati testimoni di una profonda rivoluzione di Internet: si è passati infatti da una situazione in cui chi produceva il dato ne era anche proprietario e poteva disporne in piena autonomia e sicurezza, ad un uso sempre più spinto di sistemi che allontanano questi dati sia da chi li produce, sia da chi ne è proprietario sia dall’utilizzatore finale. Questo pone notevoli sfide perché la tendenza è quella di accentrare i dati, allontanarli dall’utente e metterli sotto il controllo di una catena che spesso non è ben chiara. Tuttavia, utilizzando le grandi competenze che abbiamo in Italia, specialmente quelle dei nostri giovani, avendo una maggiore consapevolezza di quello che accade ai nostri dati e del contesto geopolitico attuale, sono convinto che molte competenze possano essere messe a fattore per progettare e creare sistemi italiani che possano aiutare l’Italia e la stessa Europa ad avere maggiore consapevolezza e controllo sui propri dati”.

Dott. Peritore, presenza storica nell’ecosistema Internet italiano che ha visto  svilupparsi, ancora prima che nascesse la regolamentazione di settore o che si focalizzasse l’attenzione su privacy e cybersecurity e che si sviluppassero i grandi OTT. L’Italia ha ancora la possibilità di giocare un ruolo significativo?
“Negli ultimi 30 anni siamo stati testimoni di una profonda rivoluzione di Internet: si è passati infatti da una situazione in cui chi produceva il dato ne era anche proprietario e poteva disporne in piena autonomia e sicurezza, ad un uso sempre più spinto di sistemi che allontanano questi dati sia da chi li produce, sia da chi ne è proprietario sia dall’utilizzatore finale. Questo pone notevoli sfide perché la tendenza è quella di accentrare i dati, allontanarli dall’utente e metterli sotto il controllo di una catena che spesso non è ben chiara. Tuttavia, utilizzando le grandi competenze che abbiamo in Italia, specialmente quelle dei nostri giovani, avendo una maggiore consapevolezza di quello che accade ai nostri dati e del contesto geopolitico attuale, sono convinto che molte competenze possano essere messe a fattore per progettare e creare sistemi italiani che possano aiutare l’Italia e la stessa Europa ad avere maggiore consapevolezza e controllo sui propri dati”.

Dott. Aglieri, con la sua esperienza nei settori dell’ICT e dell’innovazione, ritiene che debba essere posta più attenzione dal mercato e dalla politica nel diffondere la consapevolezza che è possibile adottare soluzioni cloud anche rivolgendosi ad imprese italiane? Ritiene che la domanda pubblica possa aiutare la creazione di competenze digitali nel tessuto delle PMI italiane?
“Ritengo che debba essere posta più attenzione dal mercato e dalla politica nel diffondere la consapevolezza che è possibile adottare soluzioni cloud allo stato dell’arte anche rivolgendosi ad imprese italiane. Il mio sogno è quello di avere un data center made in Europe, sia dal punto di vista dell’hardware – ed è possibile dato che esistono società italiani ed europee che producono hardware – che del software – anche in questo caso esistono società sia nazionali che europee ad hoc. Credo che nel concetto di sovranità digitale nazionale debba esser inclusa anche l’Europa. Come è stato detto anche nell’incontro di oggi, in molti casi alcune società hanno scelto soluzioni leader di mercato magari monopoliste di tipo non europeo, ma andando a verificare poi si trovano anche le soluzioni italiane ed europee equivalenti.
La domanda pubblica può assolutamente aiutare nella creazione di competenze digitali nel tessuto delle PMI italiane e imprimere un forte sviluppo e soprattutto un indirizzo non soltanto nell’adesione di soluzioni ma anche nella realizzazione di piani formativi per sviluppare le competenze in tale ambito”.

Dott. Caramia, l’ecosistema Internet italiano, limitandosi alle reti, non ha finora evidenziato significativi incidenti di sicurezza, per lo più verificatisi a livello applicativo. Qual è, sulla base della sua esperienza sui temi della cybersecurity, la maggiore sfida dell’Autorità (ACN) nel bilanciare interventi fra reti, cloud e servizi ?
“La maggiore sfida per l’Autorità oggi è riuscire ad avere una risposta integrata tra l’ambito delle reti, cloud e servizi perché la Cybersecurity si fa a tutti i livelli del funzionamento della rete, quindi necessariamente coinvolge anche la parte cloud ma anche la rete e di tutto ciò che porta il dato da una parte all’altra. Oggi abbiamo bisogno di ripartire dalle basi perché molto spesso siamo tutti spinti a cercare la nuova soluzione o il non plus ultra del prodotto e poi dimentichiamo che molto spesso l’80% della Cybersecurity si fa configurando bene e gestendo bene gli assetti che si hanno”.

Dott. Caramia, l’ecosistema Internet italiano, limitandosi alle reti, non ha finora evidenziato significativi incidenti di sicurezza, per lo più verificatisi a livello applicativo. Qual è, sulla base della sua esperienza sui temi della cybersecurity, la maggiore sfida dell’Autorità (ACN) nel bilanciare interventi fra reti, cloud e servizi ?
“La maggiore sfida per l’Autorità oggi è riuscire ad avere una risposta integrata tra l’ambito delle reti, cloud e servizi perché la Cybersecurity si fa a tutti i livelli del funzionamento della rete, quindi necessariamente coinvolge anche la parte cloud ma anche la rete e di tutto ciò che porta il dato da una parte all’altra. Oggi abbiamo bisogno di ripartire dalle basi perché molto spesso siamo tutti spinti a cercare la nuova soluzione o il non plus ultra del prodotto e poi dimentichiamo che molto spesso l’80% della Cybersecurity si fa configurando bene e gestendo bene gli assetti che si hanno”.

Ing. Loro, lei rappresenta un’azienda impegnata sia nel settore cloud che nello sviluppo di applicazioni e soluzioni ICT. Ritiene che l’Italia possa giocare un ruolo rilevante anche in questi settori e che sia possibile formare competenze più spinte nella progettazione e realizzazione di sistemi anziché essere banali utilizzatori di soluzioni altrui?
“Io sono sempre stato convinto della grande capacità dell’Italia e dell’Europa di produrre competenze e tecnologie. Abbiamo assistito in questi anni ad una tendenza continua a lasciare andare queste competenze e tecnologie verso altri lidi e l’auspicio è che la consapevolezza delle sfide che abbiamo davanti e che dobbiamo affrontare insieme ci consenta di invertire questa tendenza e di valorizzare sempre di più le grandi capacità che abbiamo come Paese e come sistema europeo”.

Dott. Margheri, nell’ambito dell’evento AIIP ha parlato dell’uso dell’IA nelle minacce cyber. Volendo pensare ad un bilanciamento fra un uso “buono” dell’IA come ausilio nel contrasto alle minacce cyber ed un uso “evil” (cattivo) dell’IA a supporto di un attaccante, su quale lato ritiene che l’IA possa dimostrarsi più efficace ?  Può l’IA garantire livelli di sicurezza paragonabili alle procedure ed alle precauzioni di un reparto “security” competente?
“L’intelligenza artificiale, soprattutto con la parte generativa, è uno strumento importante sia per gli attaccanti che per i difensori: è importante per i difensori andare a comprendere quali sono i nuovi rischi, per gli attaccanti è uno strumento per velocizzare gli attacchi. Quindi è fondamentale per i difensori analizzare i nuovi strumenti e tenersi aggiornati e assicurare che siano inseriti processi e procedure ben definite.
L’IA sicuramente è uno strumento a supporto di questi reparti, in cui le competenze delle persone che vi lavorano devono esser però sempre molto avanzate e mantenute aggiornate perché i risultati del intelligenza artificiale devono essere valutati e confermati. Non ci possiamo fidare di uno strumento, dobbiamo andare a capire qual è effettivamente la risposta che lo strumento ci dà”.

Dott. Margheri, nell’ambito dell’evento AIIP ha parlato dell’uso dell’IA nelle minacce cyber. Volendo pensare ad un bilanciamento fra un uso “buono” dell’IA come ausilio nel contrasto alle minacce cyber ed un uso “evil” (cattivo) dell’IA a supporto di un attaccante, su quale lato ritiene che l’IA possa dimostrarsi più efficace ?  Può l’IA garantire livelli di sicurezza paragonabili alle procedure ed alle precauzioni di un reparto “security” competente?
“L’intelligenza artificiale, soprattutto con la parte generativa, è uno strumento importante sia per gli attaccanti che per i difensori: è importante per i difensori andare a comprendere quali sono i nuovi rischi, per gli attaccanti è uno strumento per velocizzare gli attacchi. Quindi è fondamentale per i difensori analizzare i nuovi strumenti e tenersi aggiornati e assicurare che siano inseriti processi e procedure ben definite.
L’IA sicuramente è uno strumento a supporto di questi reparti, in cui le competenze delle persone che vi lavorano devono esser però sempre molto avanzate e mantenute aggiornate perché i risultati del intelligenza artificiale devono essere valutati e confermati. Non ci possiamo fidare di uno strumento, dobbiamo andare a capire qual è effettivamente la risposta che lo strumento ci dà”.

Enrico Pagliarini, anche quest’anno ha moderato il convegno annuale di AIIP. L’Associazione da sempre si impegna a portare istanze di sostanza e di prospettiva per un’autentica cultura digitale italiana nel campo del cloud e delle telecomunicazioni. Quale aspetto del seminario ha suscitato il Suo maggior interesse?
“Oggi abbiamo parlato delle minacce che stanno arrivando soprattutto da grandi aziende extra europee. Le chiamo minacce per suscitare l’interesse di chi mi ascolta – magari alcuni non le definiscono tali – ma sicuramente questa tendenza a raccogliere il traffico dati, indirizzarlo e renderlo in un certo modo irriconoscibile o comunque oscurandolo con varie tecnologie va in questa direzione. I grandi cloud provider stanno creando una sorta di buco nero dell’Internet. Credo che questo sia un tema molto importante che riguarda il nostro Paese ma ancor di più tutta l’Europa, in termini di sicurezza nazionale, sovranità dei dati e riappropriazione di tecnologia. Credo che sia un tema importante per la prossima Commissione e il nuovo Parlamento europeo, cui dobbiamo prestare attenzione nei prossimi anni sia in qualità di cittadini che di aziende”.